venerdì 9 aprile 2010

Il gioco dietro la tragedia


da PeaceReporter
07/04/2010

PeaceReporter ha rintracciato Giuseppe Bizzarri, fotografo che da anni vive e lavora a Rio de Janeiro. Il racconto della pioggia, l'alluvione, l'acqua per le strade, le vittime, in una città paralizzata.

Qui è prima mattina. Non piove. Ma ha piovuto tutta la notte. I morti sono 103, per ora e sono tutte vittime delle frane avvenute nelle favelas, ovviamente. Il soccorso è stato molto lento. Non c'è stata nessuna allerta. La gente non è stata avvisata in tempo. Eppure questa è stagione di piogge, ne arrivano anche da sud, dal mare. Ma nessuno ha avvisato per tempo che ci saremmo trovati davanti a giorni e giorni d'acqua. E la città è andata in tilt. Intendiamoci, non si è trattato di un tornado, eppure è una tragedia. Perché? Perché ogni volta che piove, Rio va a gambe all'aria. Si allaga in molte zone, anche nella parte più ricca. Il Comune lo sa. Lo sanno tutti molto bene. Ma nessuno fa nulla. Forse non conviene. Il denaro è molto più conveniente investirlo nel Pac. A tale proprosito proprio ieri era stata prevista da tempo una visita di Lula, accompagnato da Dilma Rousseff, la candidata alle presidenziali del prossimo ottobre. Avrebbero dovuto inaugurare un po' di opere in alcuni quartieri poveri, ma si sono ritrovati nel bel mezzo del clisma. E viene a chiedersi, come si possa pensare alle opere magne senza prima risolvere emergenze urbanistiche che sono sotto gli occhi di tutti. L'inondazione c'è stata ovunque, altro che soldi in Pac, soldi in infrastrutture ben disegnate e ben fatte. Sorge spontanea la domanda se non si tratti sempre e comunque di un gioco politico, solo di calcoli politici in una città che sta ricevendo investimenti e attenzione, in quanto prescelta per ospitare le olimpiadi. Ecco, non esito a dire che Rio non è preparata a questo evento. Non lo è proprio, nonostante i lavori di lifting a cui la stanno sottoponendo. È tutto troppo superficiale. Gli interventi sono solo di facciata. E bastano due giorni di pioggia per uccidere decine di persone. È carente in strutture in largo e in lungo. Succederà quanto successe negli ultimi giochi panamericani ospitati da Rio tre anni fa, che si sono svolti solo a Barra, nella zona sud, quella medio-ricca, la quale è stata letteralmente invasa dal cemento. Colate paurose, una corsa a chi costruiva di più. Risultato: continua a essere teatro di continui allagamenti. Prevedo che succederà lo stesso con le Olimpiadi. Ci sarà una corsa ad accaparrarsi gli appalti per ampliare la parte sud della città, nasceranno nuove abitazioni, nuove strutture. E a nord tutto resterà povero e mal ridotto, ma quella è zona di favelas a perdita d'occhio, e a chi importano veramente le favelas?

Ieri, comunque, di fronte alle tante vittime, politici e amministratori non hanno perso tempo a dichiarare che la gente che vive abbarbicata sulle colline andrà pian piano trasferita. E io mi chiedo: sarà che stiano già usando questa tragedia quale pretesto per tornare a sfollare la gente dei quartieri poveri da zone scomode, a ridosso di aree strategiche? Quanto ci metteranno a deportare chi vive nel cuore di Rio, nelle antiche favelas del centro, verso aree lontane, fuori dalla vista dei turisti, e fuori dalla vita della città. Andando contro la natura stessa di ogni slums del mondo, che nasce, cresce e vive solo grazie all'indotto cittadino. Questo sarebbe tragico. E riporterebbe indietro la città di decenni. Dagli anni venti agli anni sessanta risolvere il problema favelas per i governanti voleva dire rimuoverlo alla radice. Quando si resero conto che non era possibile, puntarono a migliorarlo. Una mentalità che però ha vissuto di nuovo uno stallo, perché anche Lula non è riuscito a imporre il miglioramento vero, profondo delle favelas. Dietro ci sono i soliti giochi politici. È chiaro. Specie adesso in piena campagna elettorale.
Nelle zone strategiche già è in atto un controllo ferreo delle favelas, una militarizzazione massiccia. È il preludio alla smobilitazione di massa, che equivarrebbe a liberare spazio prezioso per investimenti immobiliari. E l'intero mercato di questa che è la zona clou del turismo si impennerebbe. Rio può espandersi solo verso sud e troveranno il modo, lo stanno già trovando.
E la ristrutturazione in atto è mirata, è fatta solo dove conviene economicamente e politicamente. E diciamoci la verità, dato che non è la prima volta che la città viene inondata, e che non è purtroppo la prima volta che ci troviamo di fronte a tanti morti, se non fossimo nel bel mezzo della campagna elettorale e in periodo di preparazione alle olimpiadi, non si sarebbe parlato così tanto di questa tragedia. Sarebbe passata sotto silenzio come spesso avviene per i fatti tragici di carioca.
Rio diventa Venezia a ogni sprazzo di pioggia. E nessuno ne parla mai. Certo, non voglio negare che l'acqua questa volta è scesa tanta e per tanto tempo ed è coincisa con l'alta marea che ha impedito ai fiumi di scaricare come di dovere. Una concatenazione di eventi che ha contribuito al caos. Ma che Rio sia sogetta a tutto questo è risaputo. Non si può fingere altrimenti. È l'urbanizzazione disastrosa. E ovunque abbiano costruito ex novo, come a Barra, non va meglio. E, mai avessero pensato a creare una metropolitana. Spostarsi, percorrere la città da una parte all'altra è impossibile. Il vero delirio. Tutto si blocca. Immaginarsi quando quelle vie diventano come fiumi in piena.
Morti, smottamenti, frane, ci sono sempre stati. E non hanno mai reagito come avrebbero dovuto. D'accordo, sulle colline sono nate abitazioni in zone improprie, ma a essere andata in tilt è la città. È la città che non funziona. A cominciare dal Pac, che non è stato applicato dove c'era più bisogno, bensì seguendo il criterio del caso. E principalmente per mantenere i consumi. È stato uno dei modi per affrontare la crisi. Costruire, migliorare, ma non urbanizzazione. Bensì cose da fare subito per far circolare denaro, muoverlo, impiegarlo. Palliativi i per tirare avanti l'industria edile e affrontare la crisi. L'inflazione è al 6 percento. Sta salendo a vista d'occhio. La gente si lamenta. E il real è fortissimo. È assurdo. E tutto questo a discapito dell'industria nazionale e a favore del dollaro.
Questo è quanto. E, in piena emergenza, quando il sito della protezione civile è andato in tilt, l'unica cosa che ha funzionato è stato Twitter, il social network. È lì che la gente ha iniziato a scambiarsi informazioni su dove non andare, sulle strade pericolose, sulle zone da evitare. Questo ha evitato che la tragedia fosse ancora peggiore. Non certo l'organizzazione dei soccorsi istituzionali.


Stella Spinelli

* PAC = Piano di accelerazione della crescita; è il programma presentato dal governo di Luiz Inácio Lula da Silva nel 2007 che prevede, tramite interventi nell'arco di quattro anni, di far ripartire l'economia brasiliana e combattere la povertà.

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