giovedì 6 maggio 2010

Le bambine d’oro - Le storie e le testimonianze delle schiave vendute dai trafficanti di Madre de Dios


Le bambine d’oro

Le storie e le testimonianze delle schiave vendute dai trafficanti di Madre de Dios

di Lorenzo Arena (Demopazzia)
da Giornalettismo.com
6 maggio 2010 alle 10:30

Le miniere illegali nella regione amazzonica di Madre de Dios sono il paradiso dei trafficanti di schiave. Più di 30.000 minatori con un grammo d’oro in tasca garantiscono un mercato più succulento di quello dell’estrazione e la vendita stessa del prezioso metallo, che si illumina per poco nelle contaminate e miserabili miniere. Huepetuhe, Laberinto o Delta 1 sono solo alcune delle decine di miniere illegali che si trovano nella zona e che si possono raggiungere in barca o attraverso sentieri nella giungla. Tutte i campi minerari hanno in comune le costruzioni di legno e plastica, le strade fangose e le decine di bordelli. Solo nel Delta 1 ci sono 100 prostitute, registrare della Asociación Huarayo, una organizzazione che si occupa di salvare le ragazze vittime della tratta. Delle ragazze sfruttate sessualmente nei campi, 3 su 5 sono minorenni. Le prostitute vengono classificate in due categorie a seconda dell’etnia. Chi vuol risparmiare si orienta sulle adolescenti provenienti dalle zone alto andine chiamate anche “ojotitas” con riferimento al nome dei sandali da contadino o ciabatte usate nelle Ande. I minatori con più soldi possono andare nei bar di “cocoteras” o “chicas”, dove possono trovare giovani indigene o provenienti dalla costa. Nelle operazioni contro la tratta delle donne che sono state fatte nei campi minerari negli ultimi due anni, 62 bambine sono state salvate e ospitate nel rifugio per adolescenti vittime di sfruttamento sessuale che Huarayo possiede nella zona di Mazuko, all’ingresso della zona delle miniere d’oro. Ognuna delle vittime ha la sua storia, ma tutte hanno in comune l’inganno, il rapimento, il debito e le minacce, l’abuso fisico nei campi, la gravidanza e le malattie sessualmente trasmissibili. Grazie all’organizzazione  Huarayo, ELMUNDO.es ha avuto accesso ai testimoni che hanno permesso di scrivere questa relazione.

ALICIA ALL’INFERNO - Alicia ha 13 anni e fu liberata in una operazione di polizia nel Delta 1. Faceva la quarta elementare nella città andina di Cusco quando fu catturata dai trafficanti grazie ad un annuncio di lavoro su un giornale. Fu presa in una via del centro. “E’ per un ristorante mi disse la signora”, racconta Alicia. “Ti pagherò bene ma devi venire oggi”. La donna, in realtà proprietaria di un bordello, offrì ad Alicia 400 soles (circa 100 euro), molto più dei 60 soles al mese che Alicia guadagnava come domestica. “Devo dirlo prima a mia madre però” – “A Puerto Maldonado ( la capitale di Madre de Dios) ci sono radio e telefono. Puoi farlo da qui”. “Poi la signora mi diede 50 soles e mi disse di comprarmi ciò che volevo. Io non sapevo cosa fare e la donna chiamò un signore che mi ha spaventò”, continua Alicia. “Verrà a lavorare con noi, accompagnala a prendere le sue cose. Non ti preoccupare con le altre ragazze ti abituerai subito”. Quella sera stessa Alicia usci per Madre de Dios con le altre ragazze. “Se ti chiedono dove stai andando, dì che vai a trovare tuo padre. Dì che hai 18 anni e se ti chiedono i documenti dì che li hai persi”. “La mattina dopo, come in un sogno, ero già in montagna”. Non arrivò mai a Puerto Maldonado. La sua destinazione fu un bordello di una miniera d’oro in mezzo alla giungla a 180 km dalla città più vicina.

SCHIAVE DEL DEBITO - La maggior parte delle ragazze raccontano di essere state portate a Madre de Dios nascoste su camion che passavano senza problemi i posti di blocco della polizia. “Sulle strade ci sono controlli per prevenire il contrabbando, ma nessuno chiede i documenti di viaggio ad un adolescente, anche se la normativa è molto chiara al riguardo”, denuncia Oscar Guadalupe, direttore di Huarayo. “Siamo preoccupati per l’inefficacia delle autorità e l’indifferenza della popolazione”. Una volta nei campi, le ragazze che si rifiutano sono costrette a prostituirsi per pagare le spese di viaggio, abbigliamento e alloggio, diventando schiave del debito. Se vogliono mangiare, devono accettare “el pase”, cioè la vendita della loro verginità. Altre vengono ingannate da persone attorno a loro o sono minacciate. O accettano o la loro famiglia ne pagherà le conseguenze. Salvarle dalle miniere d’oro è una missione difficile. Molte delle operazioni di polizia eseguite contro la tratta di esseri umani non riescono perché i criminali ricevono le soffiate e fuggono con i bambini nella giungla prima dell’arrivo della polizia. Le ragazze che sono state salvate ricevono un sostegno giuridico e psicologico nell’ostello del Huarayo nel villaggio di Mazuko, dove rimangono fino a quando riescono a contattare i loro parenti e possono ritornare ai loro luoghi di origine. Molte  non torneranno mai perché conoscono  il loro destino dopo che sono state respinte dalle loro famiglie. Altre non hanno nemmeno un posto dove tornare.

I CASI DI TRATTA NON RAGGIUNGONO I TRIBUNALI - Le organizzazioni che lottano contro la tratta delle donne chiedono che venga installato un ufficio e un distaccamento speciale di polizia a Mazuko perché la maggior parte dei casi di tratta nel Madre de Dios non sono denunciati e sono ancora meno quelli che vengono sanzionati. Dal 2005 esiste un registro nazionale dei casi di traffico di esseri umani sulla base delle informazioni della polizia peruviana. Da allora fino al 2009 sono state registrate solo 264 denunce, secondo la ONG Capital Umano y Social (CHS). La maggior parte delle denunce presentate alla polizia proviene dalla regione comprendente Cusco e Madre de Dios. “Queste cifre sono minime perché la maggior parte dei casi si perdono per strada”, dice Ricardo Valdes ex vice-ministro degli interni e vice direttore di CHS. “La polizia non riesce a gestire il problema e molti casi sono perseguiti solo come sfruttamento della prostituzione perché non vengono presi in considerazione i concetti di rapimento, trasferimento e sfruttamento delle persone”.

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