sabato 10 aprile 2010

Berlusconi denunciato alla Corte europea dei diritti dell’uomo: silenzio dei media italiani

Legality of Berlusconi’s Television Monopoly Challenged (qui)

Europe’s Top Court Urged to Address Italy’s Media Pluralism Gap

Press Release

Date:
March 11, 2010
Contacts:
Rachel Aicher (U.S.)
raicher@sorosny.org
(w) / 1-917-294-2641 (m)

Luis Montero (Europe)
luis.montero@osf-eu.org
+44-20-70311704 (w) / +44-7798737516 (m)
New York/Strasbourg—Prime Minister Silvio Berlusconi's control over television broadcasting in Italy goes against European democratic standards, the Open Society Justice Initiative argued in a brief filed today with the European Court of Human Rights. The Italian broadcaster bringing suit, Centro Europa 7 s.r.l., has been denied access to the airwaves for almost a decade.
"This case highlights the failure of successive Italian governments to deal with the twin problems of concentrated control and conflict of interest in broadcasting," said James A. Goldston, executive director of the Open Society Justice Initiative. "The Italian situation is unacceptable for a democracy, and we are calling on the European Court to uphold the principles of media pluralism."
In 1999, Italian authorities granted Centro Europa 7 a license to operate a national television station but failed to offer it an actual operating frequency until December 2008. The frequency should have been relinquished under national anti-trust law by the Mediaset Group, Italy's dominant private broadcasting company. Mediaset operates the country's top three private television channels and is controlled by the Berlusconi family.
"Italy has the most concentrated television ownership in Europe," said Goldston. "This lack of diversity can stifle debate and limit the public's access to information and critical perspectives."
As head of government, Berlusconi also has indirect authority over Italy's state-owned public service broadcaster, Radiotelevisione Italiana (RAI). Together, Mediaset and RAI jointly control roughly 90 percent of audience and advertising revenue shares nationally. Centro Europa 7 claims the frequency it was finally granted in 2008 was squeezed out of RAI's existing frequencies and is unsuitable for operating a national television network across Italy.
In 2004, both the Council of Europe and the European Parliament condemned the open conflict of interest between Mr. Berlusconi's media interests and his political responsibilities when in government, yet the situation persists. The current government has been repeatedly accused of partisan interference with RAI's editorial choices.
The Justice Initiative intervened in this case as an independent third party acting in the public interest.

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BERLUSCONI DENUNCIATO PER VIOLAZIONE DEI DIRITTI DELL'UOMO

14/03/10



L'11 marzo 2010 la “Open Society Justice Initiative”, in qualità di terza parte indipendente che agisce solo nel pubblico interesse, ha depositato un istanza presso la Corte europea dei diritti dell'uomo in cui viene denunciato il non rispetto delle norme europee democratiche sul pluralismo dei media e sulla illegittimità del controllo televisivo di radiodiffusione televisiva in Italia detenuto dal primo ministro Silvio Berlusconi. Viene anche rilevato che all'emittente “Europa7” da più di un decennio viene di fatto negato l'accesso ad uno spazio televisivo.

James A. Goldston, direttore esecutivo dell'Open Society Justice Initiative, ha dichiarato “Questo caso evidenzia il fallimento dei governi italiani che si sono succeduti nel tempo ad affrontare il duplice problema del controllo dei media concentrato su una singola persona ed il conflitto di interessi nelle trasmissioni. La situazione italiana è inaccettabile per una democrazia e noi chiediamo alla Corte europea di sostenere i principi del pluralismo dei media".
Nel 1999 le autorità italiane hanno concesso a “Europa 7” una licenza per operare attraverso una stazione televisiva nazionale ma questa operatività non è mai riuscita a concretizzarsi fino a dicembre 2008, quando si sarebbe dovuta liberare una frequenza a lei destinata. In realtà “Europa 7” ancora oggi non è stata messa in grado di operare.

Goldston aggiunge “L'Italia ha la più alta concentrazione di controllo televisivo accentrato in un singolo individuo rispetto a tutto il resto dell'Europa. Questa mancanza di pluralità può soffocare il dibattito e limitare l'accesso del pubblico alle informazioni e alle prospettive critiche".
Come capo del governo Silvio Berlusconi controlla indirettamente la televisione pubblica dello Stato ,la RAI, che insieme alla sua più diretta proprietà, Mediaset, gli permette di esercitare il controllo su circa il 90% delle trasmissioni televisive su territorio italiano.

Nel 2004 sia il Consiglio d'Europa che il Parlamento europeo hanno condannato l'aperto conflitto di interessi che Berlusconi ha a causa di suoi interessi professionali privati e delle sue responsabilità politiche, ma la situazione da allora persiste inalterata e questa circostanza ha fatto si che l'attuale Governo venisse ripetutamente accusato di eccessiva ingerenza con le scelte editoriali della RAI, diretto concorrente finanziario dell'impero Mediaset di Berlusconi.

Il comunicato ufficiale della “Open Society Justice Initiative


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Berlusconi denunciato alla Corte europea dei diritti dell’uomo: silenzio dei media italiani (qui)

Nell’ultimo mese, sui quotidiani e in televisione, si è letto e visto di tutto. Molto spazio, come naturale che sia, è stato dedicato alle elezioni regionali. Tra le notizie principali, in mezzo alle solite questioni politiche, ai “coccodrilli” che ricordano persone come Maurizio Mosca e il giudice di “Forum” Santi Licheri, ai tragici anniversari (polemici) di terremoti, si affiancano le particolari eliminazioni dall’ “Isola dei Famosi” o le sfide di  “Amici“.
Non solo: è stata incentrata l’attenzione su “casi congelati“, sulla pedofilia e sulla delicata questione dell’aborto. Il filo conduttore dei tre argomenti è la Chiesa. Che, proprio in corrispondenza della Quaresima, ha vissuto davvero un periodo di “passione”. Ancora più recenti sono le rivolte popolari in Kirghizistan e in Thailandia. Mentre, in Italia, qualcuno fa la voce grossa su potenziali censure in seno al principale telegiornale nazionale, con la curiosa rimozione di alcuni tra i più noti anchormen. Malignamente c’è chi osa paragonare le vicissitudini della Repubblica ex URSS e della regione siamese con quelle del Bel Paese.
Ma, si sa, la Penisola è uno Stato civile. Altrimenti non si avrebbe un “legittimo impedimento“, “finalmente” sottoscritto due giorni fa dal Presidente della Repubblica, capace di sospendere per 18 mesi i processi riguardanti i membri dell’intero Esecutivo. Tralasciando le singole e specifiche questioni, si può notare un’informazione allargata e molteplice, sia in pareri che argomenti. I direttori spaziano dal serio al faceto, sforzandosi di integrare cronaca e curiosità locali. Certo, errori e “buchi” sono impossibili da evitare e, per chi è senza peccato, resterebbe da scagliare la proverbiale prima pietra. Difficile che qualcuno lo faccia. Tuttavia, mettere in evidenza opportune “lacune” si può.
Come detto, nessuno mette in discussione la pubblicazione di una scaletta a discrezione dei responsabili delle testate. Di conseguenza, perché si deve venire a sapere dai blog, notoriamente media indipendenti e non soggetti a restrizioni editoriali, che il Capo del Governo, da quasi un mese a questa parte, è stato denunciato alla Corte Europea dei Diritti Umani? Non si parla di una querela, che deve essere analizzata preliminarmente in Procure, o una mera citazione al fine di ottenere un risarcimento danni riguardante individui circoscritti. La CEDU, ossia la stessa che si è occupata tempo fa della rimozione del crocifisso dalle aule italiane, ha comunque un peso non indifferente in materia legale, occupandosi, guarda caso, di libertà e diritti fondamentali. Quelli a cui il Primo Ministro terrebbe molto.
Paradossalmente, tale violazione riguarderebbe proprio il Cavaliere. Quest’ultimo, secondo la ”Open Society Justice Initiative”, ente affiliato ad un altro personaggio controverso come George Soros, è reo di aver impedito il corretto flusso democratico e pluralista dei mezzi informativi. Una dimostrazione concreta avanzata alla Corte, oltre alla circostanza che vede il principale membro del Governo proprietario di più network, è il conflitto Rete 4 – Europa 7. Per sommi capi, la seconda delle due emittenti ebbe diritto a sostituire il canale Mediaset nei palinsesti. Con l’introduzione della Legge Gasparri del 2003 (facile immaginare chi sedesse a Palazzo Chigi) e nonostante i ricorsi al TAR del Lazio e Consiglio di Stato, nonché i pareri duri e fermi della Corte di Giustizia Europea, la rete ben identificata dai TG di Emilio Fede e dai film di Bud Spencer e Terence Hill rimane tuttora, e contro le originarie decisioni, su quelle frequenze che dovevano essere cedute. Ancora più in breve, Rete 4 sarebbe “abusiva”.
È comprensibile che i giornalisti di un certo livello non vogliano parlare sempre e solo della solita persona. Non si sa mai: qualcuno potrebbe scambiare il diritto di cronaca per persecuzione politica e sociale.

Scritto da Leonardo Mangini in data 9 aprile 2010
  
venerdì 9 aprile 2010

Il gioco dietro la tragedia


da PeaceReporter
07/04/2010

PeaceReporter ha rintracciato Giuseppe Bizzarri, fotografo che da anni vive e lavora a Rio de Janeiro. Il racconto della pioggia, l'alluvione, l'acqua per le strade, le vittime, in una città paralizzata.

Qui è prima mattina. Non piove. Ma ha piovuto tutta la notte. I morti sono 103, per ora e sono tutte vittime delle frane avvenute nelle favelas, ovviamente. Il soccorso è stato molto lento. Non c'è stata nessuna allerta. La gente non è stata avvisata in tempo. Eppure questa è stagione di piogge, ne arrivano anche da sud, dal mare. Ma nessuno ha avvisato per tempo che ci saremmo trovati davanti a giorni e giorni d'acqua. E la città è andata in tilt. Intendiamoci, non si è trattato di un tornado, eppure è una tragedia. Perché? Perché ogni volta che piove, Rio va a gambe all'aria. Si allaga in molte zone, anche nella parte più ricca. Il Comune lo sa. Lo sanno tutti molto bene. Ma nessuno fa nulla. Forse non conviene. Il denaro è molto più conveniente investirlo nel Pac. A tale proprosito proprio ieri era stata prevista da tempo una visita di Lula, accompagnato da Dilma Rousseff, la candidata alle presidenziali del prossimo ottobre. Avrebbero dovuto inaugurare un po' di opere in alcuni quartieri poveri, ma si sono ritrovati nel bel mezzo del clisma. E viene a chiedersi, come si possa pensare alle opere magne senza prima risolvere emergenze urbanistiche che sono sotto gli occhi di tutti. L'inondazione c'è stata ovunque, altro che soldi in Pac, soldi in infrastrutture ben disegnate e ben fatte. Sorge spontanea la domanda se non si tratti sempre e comunque di un gioco politico, solo di calcoli politici in una città che sta ricevendo investimenti e attenzione, in quanto prescelta per ospitare le olimpiadi. Ecco, non esito a dire che Rio non è preparata a questo evento. Non lo è proprio, nonostante i lavori di lifting a cui la stanno sottoponendo. È tutto troppo superficiale. Gli interventi sono solo di facciata. E bastano due giorni di pioggia per uccidere decine di persone. È carente in strutture in largo e in lungo. Succederà quanto successe negli ultimi giochi panamericani ospitati da Rio tre anni fa, che si sono svolti solo a Barra, nella zona sud, quella medio-ricca, la quale è stata letteralmente invasa dal cemento. Colate paurose, una corsa a chi costruiva di più. Risultato: continua a essere teatro di continui allagamenti. Prevedo che succederà lo stesso con le Olimpiadi. Ci sarà una corsa ad accaparrarsi gli appalti per ampliare la parte sud della città, nasceranno nuove abitazioni, nuove strutture. E a nord tutto resterà povero e mal ridotto, ma quella è zona di favelas a perdita d'occhio, e a chi importano veramente le favelas?

Ieri, comunque, di fronte alle tante vittime, politici e amministratori non hanno perso tempo a dichiarare che la gente che vive abbarbicata sulle colline andrà pian piano trasferita. E io mi chiedo: sarà che stiano già usando questa tragedia quale pretesto per tornare a sfollare la gente dei quartieri poveri da zone scomode, a ridosso di aree strategiche? Quanto ci metteranno a deportare chi vive nel cuore di Rio, nelle antiche favelas del centro, verso aree lontane, fuori dalla vista dei turisti, e fuori dalla vita della città. Andando contro la natura stessa di ogni slums del mondo, che nasce, cresce e vive solo grazie all'indotto cittadino. Questo sarebbe tragico. E riporterebbe indietro la città di decenni. Dagli anni venti agli anni sessanta risolvere il problema favelas per i governanti voleva dire rimuoverlo alla radice. Quando si resero conto che non era possibile, puntarono a migliorarlo. Una mentalità che però ha vissuto di nuovo uno stallo, perché anche Lula non è riuscito a imporre il miglioramento vero, profondo delle favelas. Dietro ci sono i soliti giochi politici. È chiaro. Specie adesso in piena campagna elettorale.
Nelle zone strategiche già è in atto un controllo ferreo delle favelas, una militarizzazione massiccia. È il preludio alla smobilitazione di massa, che equivarrebbe a liberare spazio prezioso per investimenti immobiliari. E l'intero mercato di questa che è la zona clou del turismo si impennerebbe. Rio può espandersi solo verso sud e troveranno il modo, lo stanno già trovando.
E la ristrutturazione in atto è mirata, è fatta solo dove conviene economicamente e politicamente. E diciamoci la verità, dato che non è la prima volta che la città viene inondata, e che non è purtroppo la prima volta che ci troviamo di fronte a tanti morti, se non fossimo nel bel mezzo della campagna elettorale e in periodo di preparazione alle olimpiadi, non si sarebbe parlato così tanto di questa tragedia. Sarebbe passata sotto silenzio come spesso avviene per i fatti tragici di carioca.
Rio diventa Venezia a ogni sprazzo di pioggia. E nessuno ne parla mai. Certo, non voglio negare che l'acqua questa volta è scesa tanta e per tanto tempo ed è coincisa con l'alta marea che ha impedito ai fiumi di scaricare come di dovere. Una concatenazione di eventi che ha contribuito al caos. Ma che Rio sia sogetta a tutto questo è risaputo. Non si può fingere altrimenti. È l'urbanizzazione disastrosa. E ovunque abbiano costruito ex novo, come a Barra, non va meglio. E, mai avessero pensato a creare una metropolitana. Spostarsi, percorrere la città da una parte all'altra è impossibile. Il vero delirio. Tutto si blocca. Immaginarsi quando quelle vie diventano come fiumi in piena.
Morti, smottamenti, frane, ci sono sempre stati. E non hanno mai reagito come avrebbero dovuto. D'accordo, sulle colline sono nate abitazioni in zone improprie, ma a essere andata in tilt è la città. È la città che non funziona. A cominciare dal Pac, che non è stato applicato dove c'era più bisogno, bensì seguendo il criterio del caso. E principalmente per mantenere i consumi. È stato uno dei modi per affrontare la crisi. Costruire, migliorare, ma non urbanizzazione. Bensì cose da fare subito per far circolare denaro, muoverlo, impiegarlo. Palliativi i per tirare avanti l'industria edile e affrontare la crisi. L'inflazione è al 6 percento. Sta salendo a vista d'occhio. La gente si lamenta. E il real è fortissimo. È assurdo. E tutto questo a discapito dell'industria nazionale e a favore del dollaro.
Questo è quanto. E, in piena emergenza, quando il sito della protezione civile è andato in tilt, l'unica cosa che ha funzionato è stato Twitter, il social network. È lì che la gente ha iniziato a scambiarsi informazioni su dove non andare, sulle strade pericolose, sulle zone da evitare. Questo ha evitato che la tragedia fosse ancora peggiore. Non certo l'organizzazione dei soccorsi istituzionali.


Stella Spinelli

* PAC = Piano di accelerazione della crescita; è il programma presentato dal governo di Luiz Inácio Lula da Silva nel 2007 che prevede, tramite interventi nell'arco di quattro anni, di far ripartire l'economia brasiliana e combattere la povertà.
giovedì 8 aprile 2010

Rubati dall'amministrazione israeliana centinaia di milioni di shekels che spetterebbero ai palestinesi

07/04/2010

La Procura generale d'Israele ammette il furto di centinaia di milioni di shekels che spetterebbero ai palestinesi
"Del caso se ne occuperà una squadra composta da esperti di vari dicasteri, coinvolgendo la materia il ministero della Giustizia, il ministero delle Finanze e l'Amministrazione Civile. Gli aspetti tecnici della questione saranno stabiliti la prossima settimana".

Meccanismo imperfetto. Malchiel Bals, il vice Procuratore Generale d'Israele, licenzia poche righe (riprese dal quotidiano israeliano Ha'aretz) che non riescono a celare un certo imbarazzo. Sono quindici anni che i palestinesi vengono derubati di somme di denaro ingenti dall'Amministrazione israeliana. Lo ha denunciato un avvocato della Procura militare israeliana che, per primo, si è accorto di come questi fondi transitassero direttamente nelle casse israeliane in violazione della normativa vigente rispetto ai rapporti tra Stato occupante e terra occupata. Bals, a quel punto, si è mosso per far partire l'indagine. Si parla, secondo una prima stima, di centinaia di milioni di shekels (moneta israeliana, un euro è pari a circa cinque shekels), circa 80 milioni all'anno per quindici anni. Da vengono questi soldi? Sono i proventi di tasse e bolli raccolti dall'amministrazione pubblica per esempio rispetto a concessioni per lo sfruttamento del suolo pubblico (le cave) o per aste su terreni. Secondo gli Accordi di Oslo della metà degli anni Novanta, che chiusero la Prima Intifada palestinese, i fondi devono essere raccolti dagli esattori israeliani e debbono essere reinvestiti in servizi e infrastrutture per la popolazione civile palestinese nei Territori Occupati. Invece, in questi quindici anni, sono finiti nelle casse di Tel Aviv. In violazione alla legge internazionale che impone agli Stati occupanti di 'conservare' i beni dei territori occupati fino al nuovo status. Gli Stati Uniti, per esempio, rispetto all'Iraq, hanno generato una sorta di fondo d'investimento che deve ritornare al Paese in forma d'investimento.

Scontro ministeriale.
Blas ha annunciato che adesso verrà messo in ordine il sistema e, in modo retroattivo, verranno restituiti i soldi ai palestinesi. Meno chiaro il meccanismo di sanzione per i funzionari che si sono appropriati di beni palestinesi. Sembra probabile che questi fondi verranno divisi tra vari dicasteri, secondo le singole competenze, per essere poi trasformati in investimenti. Il ministero delle Finanze, nella serata di ieri, ha reso noto che darà battaglia contro la decisione di Blas, ritenendo che la decisione finale spetti al governo di Tel Aviv.
Questo denaro, oltre l'occupazione, è mancato a tutta una serie di infrastrutture che, negli anni, si sono andate deteriorando in Cisgiordania. Un esempio? Le condutture dell'acqua. Uzi Landau, ministro delle Infrastrutture israeliano, ha dichiarato ieri: "Se i palestinesi continuano a scaricare le proprie acqua reflue, inquinando fiumi e falda acquifera, Israele smetterà di aiutarli. I palestinesi - ha continuato Landau - devono collegarsi agli impianti di depurazione, altrimenti daremo loro solo acqua potabile, ma taglieremo quella per uso industriale e agricolo". Il ministro, però, ha sbagliato i conti. Per ottenere una gestione più funzionale della rete idrica basterebbe dare ai palestinesi quello che gli spetta. A quel punto il ministro Landau potrebbe smettere di aiutarli, evitando di derubarli.

Christian Elia
 
mercoledì 7 aprile 2010

Ammazzati come cani, secondo le regole d’ingaggio

!!! ATTENZIONE L'ARTICOLO CHE VI ACCINGETE A LEGGERE E' CORREDATO DA FOTO CON CONTENUTI MOLTO FORTI ANCHE PER UN PUBBLICO ADULTO !!!
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Ammazzati come cani, secondo le regole d’ingaggio
da INFORMAZIONE LIBERA
pubblicato il 7 aprile 2010
di Alessio Fratticcioli

38 minuti che valgono piu’ di tutti i film hollywoodiani sulle mille guerre degli Stati Uniti.

Nel video diffuso da WikiLeaks.org, un sito specializzato nella pubblicazione di documenti secretati, gia’ piu’ di due milioni di internauti hanno assistito a una scena di guerra (o forse i iraq Ammazzati come cani, secondo le regole d’ingaggio“delinquenti politici” italiani preferirebbero parlare di un’”operazione di pace”) risalente al 12 luglio 2007 e ambientata nella periferia di Baghdad. Il video mostra chiaramente che almeno uno dei due operatori della Reuters e’ stato ucciso senza pieta’ dopo essere stato ferito. La Reuters aveva più volte cercato di ottenere il video appellandosi al Freedom of Information Act, ma l’esercito americano lo aveva sempre negato, sostenendo che si era trattato di una regolare azione di combattimento e che le vittime erano dei ribelli. Tutto “secondo le regole d’ingaggio”, tant’e’ che l’indagine del Pentagono si è conclusa senza alcun provvedimento per i piloti assassini, come d’abitudine.

ATTACCO INGIUSTIFICATO - Ma era tutto falso. Da questo video emerge con certezza che l’attacco è stato del tutto ingiustificato. Al contrario di quanto sostenuto dal Pentagono, nessuno degli uomini uccisi stava “intraprendendo un’azione ostile nei confronti delle forze armate statunitensi”. Le vittime sembrano solo passeggiare per la strada. E se uno di loro imbracciava un AK47, a Baghdad la cosa e’ tutto tranne che insolita. Quel che e’ peggio, nelle immagini si vede che dopo aver sparato sul celebre fotogafo di guerra Namir Noor-Eldeen, sul suo autista, Saeed Chmagh, e sul gruppo di persone che erano vicino a loro, gli elicotteri statunitensi hanno sparato anche sui soccorritori. I reporter di WikiLeaks hanno stabilito che l’uomo al volante del Suv che si e’ fermato a prestare soccorso ai feriti era solo un “buon samaritano”. Ma uno dei membri dell’equipaggio dell’elicottero e’ talmente impaziente di poterlo ammazzare che prega per avere il permesso: “Forza, lasciateci sparare!” E’ cosi’ che il buon samaritano e’ stato ammazzato e i suoi due figli, una bambina di quattro anni e un bambino di otto, sono stati gravemente feriti. Anche questo va considerato normale? Anche questo rientra nelle maledette “regole d’ingaggio”?

COLPA LORO
- Dal video trapela anche il consueto disprezzo verso gli altri, gli stranieri, i nemici, le vittime, compresi semplici civili e persino bambini. Appena aver sparato agli Ammazzati come cani, secondo le regole d’ingaggioiracheni, un soldato americano gode:“Oh yeah, guarda questi bastardi morti!” e si complimenta con il suo compagno: “Bello!”, “bel colpo!”, “grazie!”. Quando poi un veicolo militare passa sopra il corpo di un iracheno morto o gravemente ferito si odono delle vere e proprie risate. Infine, quando i soldati americani trovano i due bambini feriti e sanguinanti all’interno del Suv trivellato di colpi, si sente un soldato dire: “Beh, e’ colpa loro, portano i bambini in battaglia.” La colpa e’ sempre “loro”, mai “nostra”.


COME UN VIDEOGIOCO
- Julian Assange, co-fondatore di WikiLeaks, ha sottolineato come l’equipaggio dell’elicottero ha svolto l’azione come se si trattasse di un videogioco e non di vite umane: “Il loro desiderio era semplicemente quello di ammzzare, di ottenere il massimo punteggio in quel gioco elettronico”. Secondo Assange ci sono solo due opzioni: o questi soldati hanno violato le regole d’ingaggio, o queste regole sono “veramente, profondamente sbagliate”. In Iraq, quella che secondo Obama e’ la “guerra cattiva”, la “disgrazia” del 12 luglio 2007 e’ tutt’altro che un eccezione: “Errori” del genere accadono spesso, ma ovviamente non sempre le autorita’ sono disposte ad ammetterlo o vengono rivelate prove schiaccianti come il video in questione.


Basta ricordare che il giorno seguente questa tragedia, un comunicato militare statunitense apparso sul New York Times rese noto che erano stati delle truppe nordamericane erano state colpite da granate e colpi di arma da fuoco, motivo per cui iniziarono la battaglia in cui furono “uccisi nove insorgenti e due civili”. Anche il portavoce delle forze internazionali a iraq war guerra irak Ammazzati come cani, secondo le regole d’ingaggioBaghdad, colonnello Scott Bleichwehl, dichiaro’ che “senza ombra di dubbio le forze della coalizione erano impegnate in combattimento contro forze ostili”. Oggi il video mostra che erano tutte menzogne. Semmai, le forze ostili erano quelle statunitensi, che hanno sparato a dei civili iracheni che camminavano per strada nella loro capitale e non hanno avuto pieta’ nemmeno quando gli iracheni erano a terra in una pozza di sangue, feriti, moribondi, chiaramente disarmati e quindi non potevano costituire nessun pericolo per i soldati statunitensi.


LA GUERRA BUONA
- La situazione non e’ certo migliore sul secondo fronte asiatico, quello che Obama chiama “guerra buona”: l’Afghanistan. Qui a spiegarci cosa succede e’ lo stesso Stanley McChrystal, comandante supremo delle forze statunitensi in Afghanistan, il quale ha recentemente dichiarato al New York Times che “abbiamo sparato a un numero incredibile di persone e ne abbiamo uccise tante ma, per quanto ne so, nessuna e’ risultata poi essere un vero pericolo”. “Nei nove mesi in cui sono stato qui”, ha dichiarato McChrystal, “in nessun singolo caso in cui ci siamo impegnati in battaglia e abbiamo ucciso qualcuno si e’ poi dimostrato che il veicolo in questione conteneva armi o bombe. Al contrario, in molti casi c’erano dentro famiglie”. Per completare il quadro relativo alla “guerra buona” obamiana in Afghanistan, proprio ieri il New York Times ha confermatoJerome Starkey, corrispondente dall’Afghanistan del Times di Londra, hanno ora ammesso che lo scorso febbraio alcune forze speciali statunitensi hanno ammazzato senza pieta’ tre donne in un raid notturno, per poi estrarre i proiettili dai cadaveri per cercare di nascondere le prove. Starkey ha aggiunto che le forze statunitensi sono costrette a rendere conto delle atrocita’ che commettono solo raramente.
un macabro insabbiamento operato dalle forze statunitensi. Gli stessi ufficiali che avevano ripetutamente smentito le dichiarazioni di

NUOVI VIDEO IN ARRIVO
- Il mese scorso, WikiLeaks aveva postato i risultati di un’investigazione statunitense proprio riguardo al sito Wikileaks. Il rapporto concludeva che WikiLeaks “rappresenta un potenziale pericolo per l’esercito degli Stati Uniti”. “WikiLeaks.org”, continua il rapporto, “utilizza la fiducia come centro di gravita’, assicurando l’anonimato agli informatori. Identificare, rendere pubblici, licenziare o denunciare gli informatori potrebbe danneggiare o distruggere la credibilita’ di Wikileaks.org e scoraggiare altri a rendere pubbliche le informazioni”. Forse impedire la libera diffusione delle notizie rientra nel progetto di “esportare la democrazia” nel mondo?Nonostante la consueta moderazione reverente dei media italiani nei confronti dello zio Sam, lo scandalo che seguira’ nel mondo e soprattutto in Medio Oriente la diffusione di questo video potrebbe diventare l’ennesimo simbolo per chi si oppone all’arroganza e al militarismo statunitense. Intanto Assange ha dichiarato che su http://www.wikileaks.org/sta per essere pubblicato un altro video. Trattera’ di un bombardamento statunitense in Afghanistan con le usuali vittime civili. In questo caso 97 persone, tra cui donne e bambini. Omicidi collaterali, ma “secondo le regole d’ingaggio”.



http://www.giornalettismo.com/archives/58219/ammazzati-cani-secondo-regole/
 
martedì 6 aprile 2010

Wikileaks rende pubblico un video in cui soldati Usa uccidono deliberatamente dodici civili in Iraq

6/4/2010

WikiLeaks, un sito specializzato nella pubblicazione di documenti secretati, ha poche ore fa pubblicato un video segreto (che potete vedere nella home page di PeaceReporter) dell'esercito degli Stati Uniti d'America girato nel 2007 da un elicottero durante una operazione militare nella periferia di Baghdad. L'elicottero ha sparato e ucciso dodici civili tra cui due operatori della agenzia di stampa Reuters. Nell'azione ripresa dallo stesso elicottero, furono feriti due bambini. L'agenzia di stampa aveva provato ad ottenere il materiale video, ma inutilmente. Il video mostra chiaramente che gli operatori della Reuters sono stati uccisi dopo che erano già stati feriti. Nell'azione, anche due bambini erano stati feriti gravemente. Per approfondimenti, www.collateralmurder.com.

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Collateral Murder
Overview

5th April 2010 10:44 EST WikiLeaks has released a classified US military video depicting the indiscriminate slaying of over a dozen people in the Iraqi suburb of New Baghdad -- including two Reuters news staff.
Reuters has been trying to obtain the video through the Freedom of Information Act, without success since the time of the attack. The video, shot from an Apache helicopter gun-site, clearly shows the unprovoked slaying of a wounded Reuters employee and his rescuers. Two young children involved in the rescue were also seriously wounded.



The military did not reveal how the Reuters staff were killed, and stated that they did not know how the children were injured.
After demands by Reuters, the incident was investigated and the U.S. military concluded that the actions of the soldiers were in accordance with the law of armed conflict and its own "Rules of Engagement".
Consequently, WikiLeaks has released the classified Rules of Engagement for 2006, 2007 and 2008, revealing these rules before, during, and after the killings.
WikiLeaks has released both the original 38 minutes video and a shorter version with an initial analysis. Subtitles have been added to both versions from the radio transmissions.
WikiLeaks obtained this video as well as supporting documents from a number of military whistleblowers. WikiLeaks goes to great lengths to verify the authenticity of the information it receives. We have analyzed the information about this incident from a variety of source material. We have spoken to witnesses and journalists directly involved in the incident.
WikiLeaks wants to ensure that all the leaked information it receives gets the attention it deserves. In this particular case, some of the people killed were journalists that were simply doing their jobs: putting their lives at risk in order to report on war. Iraq is a very dangerous place for journalists: from 2003- 2009, 139 journalists were killed while doing their work.

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