sabato 17 aprile 2010

La presidente di Emergency: i colloqui continuano, ma basta illazioni


da
PeaceReporter
17/04/2010

Cecilia Strada: lavoriamo anche attraverso i nostri interlocutori. In Afghanistan sanno chi siamo
La trattativa per la liberazione dei tre italiani di Emergency procede attraverso canali formali e informali, attraverso la rete di conoscenze che l'organizzazione si è costruita negli anni di lavoro nel Paese afgano. Abbiamo chiesto alla presidente della Ong, Cecilia strada, se esiste un negoziato 'parallelo' rispetto a quello del governo italiano.
Direi che la parola negoziato non è esattamente quella da utilizzare in questa circostanza, in quanto non parliamo di una trattativa con 'irregolari'. Direi più 'colloqui'. Emergency sta attivando tutti i suoi canali, ufficiali e non, per sbloccare la situazione e far presente a tutti la posizione di queste tre persone, che sono operatori umanitari indipendenti e neutrali, alieni da qualsiasi forma di violenza e al di sopra di ogni sospetto o complicità alcuna. Questi canali vanno dal ministero dell'Interno al ministero della Sanità, al vice-presidente afgano e a tutti i nostri canali ufficiali.
Ci sono trattative parallele o perlomeno privilegiate rispetto a quelle della Farnesina?
Il governo italiano sta facendo il suo lavoro, noi il nostro. Emergency lavora in quel Paese dal 1999, allora il governo italiano non aveva ancora un'ambasciata a Kabul. Abbiamo i nostri contatti e i nostri canali, stiamo parlando con tutti gli interlocutori possibili. Questi interlocutori stanno assicurando il pieno sostegno a Emergency, perché ci conoscono.
Nel contesto afgano, dove molte cose rimangono oscure, ambigue, diventa essenziale utilizzare forme particolari di negoziato, di usare anche pressioni politiche, più che dell'attesa che si applichi una legge spesso non rispettata. Nessuna accusa formalizzata e per giorni nessun contatto e nessuna possibilità di vedere un avvocato, per gli italiani.
Non sappiamo ancora a che titolo siano trattenuti. Ma non amo parlare di pressioni politiche, non vorrei che passasse il messaggio che i nostri operatori verranno rilasciati - e sicuramente verranno rilasciati - per questioni politiche e non perché sono completamente innocenti. Sarebbe un messaggio sbagliato. Non verranno rilasciati per fare un favore a Emergency che non è ovviamente nelle condizioni di poter chiedere un favore al governo afgano né verranno rilasciati per fare un favore al governo italiano perché l'Afghanistan si dichiara ed è riconosciuto come uno Stato di diritto. Verrano rilasciati perché sono innocenti. Ciò che noi stiamo facendo è ricordare ai nostri interlocutori: avete presenti chi sono le persone arrestate? Avete presente chi siamo? Tutti i nostri interlocutori ci hanno assicurato il loro sostegno a 360 gradi per abbreviare il più possibile i tempi in cui verrà chiarita la posizione di queste persone. Gli avvocati stanno lavorando giorno e notte. Vorrei anche dire una cosa: non ho letto i giornali, ma una testata ha riportato il fatto che la sicurezza afgana avrebbe le prove del coinvolgimento di qualcuno..
Il Giornale, l'articolo di Fausto Biloslavo.
Va bene, chiunque sia, il punto è che né Emergency, né l'ambasciata italiana, né i legali che stanno seguendo il caso, né il ministero degli Esteri, nessuno ha indicazione che esistano delle prove. Questa cosa la trattiamo pertanto come l'ennesima bufala, tra tutte quelle che sono state sparate in questi giorni. La responsabilità di riportare queste affermazioni non controllate è molto grave, anche rispetto alla propria deontologia professionale. Io sono stufa di commentare notizie che non sono ufficiali. L'invito che rivolgiamo a queste persone è: avete le prove, tiratele fuori. Ma le prove non ci sono. Non esistono. Le prove non le hanno. Qui siamo veramente all'assurdo. Ma se qualcuno nascondesse una pistola a Mirafiori, dico, arresterebbero Marchionne forse? E tutti i principali quotidiani italiani si permetterebbero di riportare che una fonte, chiunque, il primo pazzo che passa, ha detto che Marchionne è colpevole? Se ciò accadesse, queste persone verrebbero inchiodate alle loro responsabilità.

Luca Galassi
    

L'Eco del silenzio sarà su Radio Libriamoci Web durante la diretta per Emergency


Oggi pomeriggio durante la diretta di Radio Libriamoci Web sarò presente anch'io e questa volta in duplice veste: nella solita di collezionatrice di notizie e in quella di eco un po' più umana e udibile dal momento che, probabilmente, il mio contributo sarà verbale.

Non mancate quindi all'appuntamento.

Lucia C.
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Radio Libriamoci Web
sostiene Emergency


Picture
Sabato 17 Aprile 2010, dalle ore 15.15,
in contemporanea con la manifestazione, saremo in diretta per parlarne, commentare e comunque per dare ulteriore risalto all'evento.
Chi volesse dare un contributo può scrivere le proprie opinioni all'indirizzo rlweb@rlwebradio.com o compilare il modulo nella pagina dei contatti di questo sito.

Allo stesso modo, prenotandosi, alcuni di voi potranno intervenire in diretta attraverso Skype.
Daremo visibilità a tutti gli interventi scritti e a più telefonate possibile.

Scrivete da subito e fino alle ore 12.00 di Sabato 
all'indirizzo rlweb@rlwebradio.com




per tutto il resto...



venerdì 16 aprile 2010

Info Manifestazione Emergency - sabato 17 aprile - Piazza San Giovanni






AVVISO AI SOSTENITORI 
DI EMERGENCY




Gino Strada, fondatore di Emergency, e Cecilia Strada, Presidente di Emergency, saranno sul palco della manifestazione di domani sabato 17 aprile – ore 14.30 in piazza San Giovanni – per chiedere la liberazione dei membri dello staff fermati in Afganistan.
Saranno con loro Fiorella Mannoia, Lella Costa, Vauro, Daniele Silvestri, Niccol
ò Fabi, Paola Turci, Casa del vento.

Hanno sottoscritto l’appello anche 8.500 abitanti di Anabah, valle del Panshir, Afganistan.

In questo modo, gli abitanti della valle, dove Emergency ha un ospedale generale, un centro di maternità e 18 posti di primo soccorso, hanno voluto manifestare la propria solidarietà all’associazione che dal 1999 assicura assistenza sanitaria gratuita e di alta qualità dove non esistono altre strutture sanitarie qualificate.

A domani!


"IO STO CON EMERGENCY"
Luogo: ROMA - Piazza SAN GIOVANNI
Ora: sabato 17 aprile 2010 14.30.00





giovedì 15 aprile 2010

Radio Libriamoci Web sosterrà Emergency con una diretta durante la manifestazione di sabato 17


Radio Libriamoci Web

sostiene Emergency





Sabato 17 Aprile 2010, dalle ore 15.15,
in contemporanea con la manifestazione, saremo in diretta per parlarne, commentare e comunque per dare ulteriore risalto all'evento.
Chi volesse dare un contributo può scrivere le proprie opinioni all'indirizzo rlweb@rlwebradio.com o compilare il modulo nella pagina dei contatti di questo sito.

Allo stesso modo, prenotandosi, alcuni di voi potranno intervenire in diretta attraverso Skype.
Daremo visibilità a tutti gli interventi scritti e a più telefonate possibile.

Scrivete da subito e fino alle ore 12.00 di Sabato 
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Lettera di Gino Strada al direttore de la Rebubblica


LA LETTERA da la Repubblica - Esteri

Curiamo tutti, non taceremo mai di fronte agli orrori della guerra

di GINO STRADA



Caro direttore, si introducono  -  direttamente o con la complicità di qualcuno che vi lavora  -  alcune armi in un ospedale, poi si dà il via all'operazione... Truppe afgane e inglesi circondano il Centro chirurgico di Emergency a Lashkargah, poi vi entrano mitragliatori in pugno e si recano dove sanno di trovare le armi. A quanto ci risulta, nessun altro luogo viene perquisito. Si va diritti in un magazzino, non c'è neppure bisogno di controllare le centinaia di scatole sugli scaffali, le due con dentro le armi sono già pronte  -  ma che sorpresa!  -  sul pavimento in mezzo al locale. Una telecamera e il gioco è fatto.
Si arrestano tre italiani  -  un chirurgo, un infermiere e un logista, gli unici internazionali presenti in quel momento in ospedale  -  e sei afgani e li si sbatte nelle celle dei Servizi di Sicurezza, le cui violazioni dei diritti umani sono già state ben documentate da Amnesty International e Human Rights Watch.

Anche le case di Emergency vengono circondate e perquisite. Alle cinque persone presenti  -   tra i quali altri quattro italiani  -  viene vietato di uscire dalle proprie abitazioni. L'ospedale viene militarmente occupato.

Le accuse: "Preparavano un complotto per assassinare il governatore, hanno perfino ricevuto mezzo milione di dollari per compiere l'attentato". A dirlo non è un magistrato né la polizia: è semplicemente il portavoce del governatore stesso.

Neanche un demente potrebbe credere a una simile accusa: e perché mai dovrebbero farlo? La maggior parte dei razzi e delle bombe a Lashkargah hanno come obiettivo il palazzo del governatore: chi sarebbe così cretino da pagare mezzo milione di dollari per un attentato visto che ogni giorno c'è chi cerca già di compierlo gratuitamente?

Questa montatura è destinata a crollare, nonostante la complicità di pochi mediocri  -  che vergogna per il nostro Paese!  -  che cercano di tenerla in piedi con insinuazioni e calunnie, con il tentativo di screditare Emergency, il suo lavoro e il suo personale.

Perché si aggredisce, perché si dichiara guerra a un ospedale? Emergency e il suo ospedale sono accusati di curare anche i talebani, il nemico. Ma non hanno per anni sbraitato, i politici di ogni colore, che l'Italia è in Afghanistan per una missione di pace? Si possono avere nemici in missione di pace?

In ogni caso l'accusa è vera. Anzi, noi tutti di Emergency rendiamo piena confessione. Una confessione vera, questa, non come la "confessione choc" del personale di Emergency che è finita nei titoli del giornalismo nostrano.

Noi curiamo anche i talebani. Certo, e nel farlo teniamo fede ai principi etici della professione medica, e rispettiamo i trattati e le convenzioni internazionali in materia di assistenza ai feriti. Li curiamo, innanzitutto, per la nostra coscienza morale di esseri umani che si rifiutano di uccidere o di lasciar morire altri esseri umani. Curiamo i talebani come abbiamo curato e curiamo i mujaheddin, i poliziotti e i soldati afgani, gli sciiti e i sunniti, i bianchi e i neri, i maschi e le femmine. Curiamo soprattutto i civili afgani, che sono la grande maggioranza delle vittime di quella guerra.Curiamo chi ha bisogno, e crediamo che chi ha bisogno abbia il diritto ad essere curato.

Crediamo che anche il più crudele dei terroristi abbia diritti umani  -  quelli che gli appartengono per il solo fatto di essere nato  -  e che questi diritti vadano rispettati. Essere curati è un diritto fondamentale, sancito nei più importanti documenti della cultura sociale, se si vuole della "Politica", dell'ultimo secolo. E noi di Emergency lo rispettiamo. Ci dichiariamo orgogliosamente "colpevoli".
Curiamo tutti. In Afghanistan lo abbiamo fatto milioni di volte. Nell'ospedale di Lashkargah lo abbiamo fatto sessantaseimila volte. Senza chiedere, di fronte a un ferito nel pronto soccorso, "Stai con Karzai o con il mullah Omar?". Tantomeno lo abbiamo chiesto ai tantissimi bambini che abbiamo visto in questi anni colpiti da mine e bombe, da razzi e pallottole. Nel 2009 il 41 percento dei feriti ricoverati nell'ospedale di Emergency a Lashkargah aveva meno di 14 anni. Bambini. Ne abbiamo raccontato le storie e mostrato i volti, le immagini vere della guerra, la sua verità.

"Emergency fa politica", è l'altra accusa che singolarmente ci rivolgono i politici. In realtà vorrebbero solo che noi stessimo zitti, che non facessimo vedere quei volti e quei corpi martoriati. "Curateli e basta, non fate politica". Chi lo sostiene ha una idea molto rozza della politica.

No, noi ci rifiutiamo di stare zitti e di nascondere quelle immagini. Da tempo la Nato sta compiendo quella che definisce "la più importante campagna militare da decenni": la prima vittima è stata l'informazione. Sono rarissimi i giornalisti che stanno informando i cittadini del mondo su che cosa succede nella regione di Helmand. I giornalisti veri sono scomodi, come l'ospedale di Emergency, che è stato a lungo l'unico "testimone" occidentale a poter vedere "gli orrori della guerra". Non staremo zitti.

Emergency ha una idea alta della politica, la pensa come il tentativo di trovare un modo di stare insieme, di essere comunità. Di trovare un modo per convivere, pur restando tutti diversi, evitando di ucciderci a vicenda. Emergency è dentro questo tentativo. Noi crediamo che l'uso della violenza generi di per sé altra violenza, crediamo che solo cervelli gravemente insufficienti possano amare, desiderare, inneggiare alla guerra. Non crediamo alla guerra come strumento, è orribile, e mostruosamente stupido il pensare che possa funzionare. Ricordiamo "la guerra per far finire tutte le guerre" del presidente americano Wilson? Era il 1916. E come si può pensare di far finire le guerre se si continua a farle? L'ultima guerra potrà essere, semmai, una già conclusa, non una ancora in corso.
La risposta di Emergency è semplice. Abbiamo imparato da Albert Einstein che la guerra non si può abbellire, renderla meno brutale: "La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire". Nella nostra idea di politica, e nella nostra coscienza di cittadini, non c'è spazio per la guerra. La abbiamo esclusa dal nostro orizzonte mentale. Ripudiamo la guerra e ne vorremmo la abolizione, come fu abolita la schiavitù.

Utopia? No, siamo convinti che la abolizione della guerra sia un progetto politico da realizzare, e con grande urgenza. Per questo non possiamo tacere di fronte alla guerra, a qualsiasi guerra. Di proporre quel progetto, siamo colpevoli.

Ecco, vi abbiamo fornito le risposte. E adesso? Un pistoiese definì il lavoro di Emergency "ramoscello d'ulivo in bocca e peperoncino nel culo". Adesso è ora che chi "di dovere" lavori in quel modo, e tiri fuori "i nostri ragazzi". Può farlo, bene e in fretta. Glielo ricorderemo sabato pomeriggio, dalle due e mezza, in piazza Navona a Roma.

15 aprile 2010
 

Kabul, è giallo sul blitz e l'attuale collocazione dei tre volontari italiani di Emergency

REPORTAGE da La Repubblica - Esteri

Kabul, giallo sul blitz contro Emergency nessuno sa dove si trovano gli italiani

Per la Farnesina sono nell'Helmand, altre fonti riferiscono che sono stati portati nella base di Bagram.
Il fastidio dei britannici per le intromissioni nelle operazioni militari.

dal nostro inviato GIAMPAOLO CADALANU

Kabul, giallo sul blitz contro Emergency nessuno sa dove si 
trovano gli italiani
KABUL - È tornata la città degli inganni, dei giochi doppi e tripli, delle pugnalate alla schiena fra alleati, degli attacchi e delle rappresaglie per interposta persona. È pessima l'aria di Kabul in questi giorni, e non è solo l'inquinamento atroce del centro. Attorno alla vicenda dei tre operatori umanitari di Emergency le voci si rincorrono, aiutate da informazioni ufficiali reticenti o palesemente false, a coprire duelli, bugie, spartizioni di potere. Non si annuncia facile la missione per l'ambasciatore Attilio Massimo Iannucci, appena arrivato a Kabul dalla Farnesina con l'incarico di sbrogliare la vicenda assieme al consulente giuridico Rosario Aitala (mentre Frattini ha annunciato che l'ambasciata ha trovato tre legali afgani disposti a occuparsi del caso). Responsabile dell'Asia per il ministero, Iannucci è un uomo di peso, in grado di lasciar da parte la prudenza che ha finora caratterizzato le scelte dell'ambasciata di Kabul. Perché è difficile sfuggire all'idea che serva una posizione di maggiore durezza, visto il trattamento di scarso rispetto che le autorità afgane in questa occasione hanno riservato all'Italia, negando ogni chiarimento al personale espulso da Lashkar Gah e persino le informazioni di base sulla detenzione dei tre fermati.

Gli arrestati sono ancora nell'Helmand, garantisce il ministro italiano Franco Frattini. A Kabul girano altre voci: che siano già stati trasportati nel vecchio carcere dei Taliban, a Pol-i-Sharqi. Oppure, come garantisce un'alta fonte del ministero degli Interni, che siano a Bagram, il carcere militare della base aerea americana. Ma sotto il controllo di chi? L'ex magazzino dell'aeroporto, costruito negli anni Ottanta dai sovietici, è l'equivalente afgano di Abu Ghraib. Proprio qui nel 2002 due detenuti sono stati torturati a morte. Ma se i guardiani americani avevano le mani pesanti, bisogna vedere come si comportano gli afgani, a cui è passato il controllo dall'inizio dell'anno.  

Non basta: secondo l'alto funzionario gli italiani verranno trasferiti entro tre-quattro giorni nella "Guantanamo afgana", come la chiama la polizia di qui: è il reparto U-10 del vecchio carcere di Pol-i-Sharqi, ristrutturato un anno fa. Tre piani, celle minuscole per una o due persone, ospita già 350 inquilini, tutti trasferiti da Bagram con accuse di terrorismo. A gestirlo non ci sono poliziotti, ma uomini del ministero della Difesa, guidato da Abdurrahim Wardak.

Quale che sia la destinazione, l'unica certezza è che i servizi di sicurezza sono decisi ad andare avanti nell'attacco a Emergency. In mano all'Nsd, dice a Repubblica una fonte molto vicina ai vertici dei servizi afgani, ci sarebbero documenti che provano il coinvolgimento dei prigionieri in "attività terroristiche". La provenienza della notizia sembra garantita, ma quello afgano è ormai un gioco senza esclusione di colpi. E le diverse cordate di potere non sembrano avere problemi a usare l'informazione per avvantaggiarsi. Marco Garatti, Matteo Dell'Aira e Matteo Pagani sono ostaggio di giochi a diverso livello: per esempio, del braccio di ferro fra Hamid Karzai e il governatore dell'Helmand, Gulab Mangal. Se il presidente insiste a rimproverare, anche con toni aspri, le perdite di civili causate dalle operazioni occidentali, l'uomo forte di Lashkar Gah ha stretto un patto solidissimo con i britannici, e preferirebbe vedere ridotta al silenzio l'ong italiana, protagonista di denunce e proteste per la mano pesante usata con la popolazione.

Nel duello, sottolineano osservatori della realtà politica afgana, si è inserito Amirullah Saleh, potente capo dei servizi segreti Nsd, il cui rancore verso l'organizzazione di Gino Strada risale non solo all'affare Mastrogiacomo - con l'arresto, le accuse e poi la liberazione del mediatore Rahmatullah Hanefi - ma anche a una logica di schieramento fra tagiki. Saleh faceva parte del "gruppo del Panshir", a suo tempo guidato da Ahmad Shah Massoud. Poi però l'attuale capo dei servizi si è schierato con Hamid Karzai, un pashtun, e non vedrebbe di buon occhio la "simpatia" fra l'ong italiana e Abdullah Abdullah, l'ex ministro degli Esteri che nelle ultime elezioni aveva cercato di contendere la poltrona al presidente.

Più ancora che i duelli interni afgani, però, la vicenda Emergency sottolinea difficoltà italiane e ruggini europee. In questa fase della guerra la Gran Bretagna ha assunto quel ruolo "muscolare" che gli Usa di Obama hanno in parte lasciato, e non gradisce le scelte italiane - ma anche tedesche, francesi, spagnole - di maggior attenzione alla diplomazia. Forse proprio da qui nasce l'accanimento contro i militari del nostro contingente, accusati di "pagare" i Taliban per evitare attacchi. Pagamenti che a determinate condizioni sono pratica comune in tutte le guerre, ma che in Afghanistan finora sono stati raccomandati apertamente solo nel manuale da campo dell'Esercito di Sua Maestà britannica.
 
(15 aprile 2010)

mercoledì 14 aprile 2010

Lenzuola per Emergency ai nostri balconi!



Dato che non tutti potremo rispondere ed essere presenti all'appuntamento proposto da Emergency, vi riporto e rilancio la proposta nata su FB da un gruppo di sostegno spontaneo che sta cercando, fra le altre cose, di mettere a disposizione di tutti le informazioni che riportano i vari siti e giornali.


Diamo visibilità a EMERGENCY in ogni città, in ogni paese.
Siamo il popolo degli stracci e delle bandiere, coloriamo i nostri balconi.

Per tutti quelli che non potranno essere presenti alla manifestazione romana e anche a coloro che andranno, propongo di mettere le lenzuola bianche o le bandiere di Emergency (per coloro che le possiedono) ai balconi e alle  finestre, saranno visibili a tutti e simboleggeranno la nostra solidarietà.

La solidarietà non ha né orientamenti politici né colore.

BANDIERE SUI BALCONI PER EMERGENCY

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Mentre assemblavo questo articolo mi è tornata alla mente l'eco di un ricordo, recuperato e ripulito lo offro a tutti voi, perché  sia presente a più persone possibile.



Dichiarazione Universale dei Diritti Umani


Articolo 25 Un Letto e cibo per tutti


1) Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all'alimentazione al vestiario, all'abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.



2) La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.



Parigi il 10 dicembre 1948

Frattini Dry

Frattini Dry
di Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano, 14 aprile 2010

È sempre un piacere vedere il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Si ha sempre l’impressione che passi di lì per caso, e che a ogni domanda sulla politica estera dell’Italia si appresti a rispondere: “E che ne so, io, chiedete al ministro degli Esteri”. Fosse vivo Fortebraccio, si pentirebbe di avere sprecato due memorabili battute per un ministro socialdemocratico a lui caro: “Si fermò un’auto blu e non ne scese nessuno: era Tanassi”, “uomo dalla fronte inutilmente spaziosa”. L’altra sera, dopo l’arresto-sequestro dei tre medici italiani di Emergency a opera della polizia di Kabul (e forse dei nostri “alleati” inglesi), Nessuno Frattini sedeva amabilmente su una poltroncina bianca di Porta a Porta con l’aria di uno svagato frequentatore del Club del Polo in attesa del suo Martini Dry. “Lo vuole liscio o con seltz? Con o senza oliva?”. Con l’aria pensosa che gli è propria, sottolineata dal dito indice morbidamente poggiato sul mento, anch’esso inutilmente spazioso, ripeteva banalità che nemmeno Peter Sellers nei panni del giardiniere Chance, intervallate con molesta frequenza dall’avverbio “ovviamente”. Tant’è che anche nel telespettatore più distratto sorgeva spontanea una domanda: “Ovviamente che, visto che non stai dicendo niente?”. Ecco, lui è così: sempre sfuocato come Woody Allen in “Harry a pezzi”. Se uno vuol farsi una ragione del peso nullo del nostro Paese nel mondo, la faccia di Ovviamente Frattini è lì apposta.

Da otto anni mandiamo miliardi e soldati in Afghanistan per soddisfare le frègole guerrafondaie di B&B, poi il governo-farsa che contribuiamo a tenere in piedi ci arresta tre connazionali e non ci avverte neppure. L’anno scorso, in piena crisi fra Georgia e Russia, i ministri degli Esteri europei si riunirono d’urgenza per prendere una posizione, tranne Frattini che preferì restarsene su un atollo delle Maldive per non dover prendere una posizione, visto che non ne aveva una. Allora scrivemmo che, forse, non era stato avvertito di essere il ministro degli Esteri. Ora finalmente l’hanno avvisato e lui ne è visibilmente compiaciuto, anche se non ha la più pallida idea di che cosa questo significhi. Se l’avesse, appresa la notizia dei tre arresti-sequestri, avrebbe subito alzato il telefono per farsi sentire con Karzai e gli “alleati” angloamericani che lo puntellano. Invece ha addirittura dato credito alla bufala di alcuni fantomatici funzionari afghani sulla confessione dei noti terroristi di Emergency: “Prego con tutto il cuore che non sia vero, altrimenti sarebbe una vergogna per tutti gli italiani”. La vera vergogna è che, prima di dar fiato alla bocca, il ministro degli Esteri non abbia verificato tramite i canali diplomatici se la notizia fosse vera e, visto che non lo era, non abbia diffuso un’immediata smentita, con allegata protesta al cosiddetto governo afghano e annessa richiesta di restituire immediatamente i nostri volontari alle loro famiglie.

Un vero ministro degli Esteri avrebbe poi tappato la bocca a suoi colleghi di partito e di governo, tipo l’acuto Maurizio Gasparri e il pacato Ignazio La Rissa, che anziché prendersela col regime di Kabul hanno attaccato Gino Strada, mettendo ulteriormente in pericolo gli ostaggi. La Rissa ha invitato il fondatore di Emergency a “prendere le distanze dai suoi collaboratori” arrestati, perché “può sempre succedere di avere accanto inconsapevolmente degli infiltrati” come “le Br nel Pci e i Nar nell’Msi”. E, con notevole consequenzialità logica, ha prima ammesso che “il governo italiano non è stato informato dell’operazione”, salvo poi aggiungere che, “se le autorità afghane avessero fatto un imbroglio contro Emergency, ci saremmo arrabbiati, anche se l’orientamento politico di Emergency è noto a tutti”. Ma come faceva, di grazia, il governo ad arrabbiarsi se non sapeva nulla? Domande che avrebbero un senso se l’Italia avesse una politica estera, cioè se avesse un governo, o almeno un ministro degli Esteri. Invece abbiamo Frattini Dry. Con seltz. Senza oliva.

(14 aprile 2010)
 
lunedì 12 aprile 2010

Video Emergency




www.emergency.it



AVVISO AI SOSTENITORI DI EMERGENCY



AVVISO AI SOSTENITORI DI EMERGENCY

Perché sto con Emergency? Perché Emergency sta con Bibi


da PeaceReporter
03/03/2010


Dall'ospedale di Emergency a Lashkargah, la storia di Bibi, 1 anno: ferita alla pancia dalla scheggia di un razzo inesploso con cui giocavano i suoi fratellini, due dei quali sono morti.
Sono arrivati con il loro papà Anar Gul, dopo un viaggio in elicottero, al nostro ospedale alle 19.15, tramortiti dalle ferite e dallo spavento.
Bambini come tutti i bambini del mondo, che in giardino giocano tra loro.
Solo che in questo paese nei giardini delle case si possono trovare oggetti molto strani, che attizzano la curiosità soprattutto dei più piccoli.
Uno di loro ha cominciato a tirare dei sassi addosso all'oggetto sconosciuto, ma visto che nulla succedeva, ha pensato bene di dargli fuoco con un accendino trovato chissà dove.
La bomba è esplosa, ed ha ucciso subito Masullah, 6 anni e Safiullah di 11.
Sharifullah, 7 anni, è arrivato da noi pieno di schegge su tutto il corpo.
Ed insieme a lui, è arrivata la sorella, Rahmat Bibi, con due brutte schegge che le hanno perforato la pancia.
I chirurghi l'hanno operata subito, la mascherina per l'ossigeno era quasi più grande del suo intero volto.
Perché Rahmat Bibi ha circa 1 anno, è una neonata.
Ed ha già incontrato la follia della guerra.

Matteo Dell'Aira
*

(*Infermiere capo dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, Helmand)


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Sto con Emergency perché ha salvato Bibi, curato gratuitamente dal 1999 ad oggi oltre 2.500.000 cittadini afghani, costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso.
Il reportage porta la firma di Matteo Dell'Aira uno dei tre operatori internazionali accusati di terrorismo e di voler finacheggiare gli attentatori, ammesso che questo progetto omicida sia o fosse vero, cosa che noi dall'Italia non possiamo certo sapere; non credo che queste parole siano state scritte come copertura a intenti criminali e inumani, credo a un uomo che sta in Afghanistan perché l'incontro di una neonata con "la follia della guerra" non sia l'ultimo.
 
Al seguente link potete trovare altre testimonianze pubblicate negli ultimi mesi da l'infermiere capo dell'ospedale di Emergency a Lashkargah (Helmand).
I racconti di Matteo Dell'Aira dall'Afghanistan


Lucia C.
domenica 11 aprile 2010

IO STO CON EMERGENCY


IO STO CON EMERGENCY

Sabato 10 aprile militari afgani e della coalizione internazionale hanno attaccato il Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah e portato via membri dello staff nazionale e internazionale. Tra questi ci sono tre cittadini italiani: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
Emergency è indipendente e neutrale. Dal 1999 a oggi EMERGENCY ha curato gratuitamente oltre 2.500.000 cittadini afgani e costruito tre ospedali, un centro di maternità e una rete di 28 posti di primo soccorso. 

FIRMA L'APPELLO

www.emergency.it
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On Saturday, April 10, soldiers of the Afghan army and the International Coalition Forces attacked the Emergency Surgical Centre of Lashkar-gah and arrested members of the national and international staff. Three of them are Italian citizens: Matteo Dell'Aira, Marco Garatti e Matteo Pagani.
EMERGENCY is an independent and neutral organisation. Since 1999, EMERGENCY in Afghanistan has provided medical assistance free-of-charge to over 2,500,000 Afghan citizens, by establishing three surgical hospitals, a maternity centre and a network of 28 first aid posts.

I SUPPORT EMERGENCY

www.emergency.it


 

Gli innocenti due volte vittime | La guerra non si fa solo contro i civili ma anche contro gli ospedali e le persone che cercano di curarli.




da PeaceReporter

Gino Strada e l'organizzazione italiana si stringono attorno ai tre membri dello staff prelevati in Afghanistan senza alcuna comunicazione ufficiale. "Si mobiliti la società italiana"


Domenica mattina, sede di Emergency a Milano. Via vai di telecamere e registratori, macchine che scattano foto. La conferenza stampa dell'organizzazione fondata nel 1994, che da allora ha curato gratuitamente quasi quattro milioni di persone in tutto il mondo, è convocata per le 11.30.
Lo staff è incollato ai telefoni: tre di loro sono stati ''rapiti''in Afghanistan ieri, come dice il dottor Gino Strada, direttore esecutivo e fondatore dell'organizzazione, seduto davanti a telecamere e taccuini con il presidente di Emergency Cecilia Strada, il vice presidente Alessandro Bertani e il responsabile della comunicazione Maso Notarianni. Una telefonata, ieri, alle 11.30 ora italiana, da parte del personale dell'ospedale di Emergency a Lashkar-gah, nella provincia dell'Helmand: "Ci stanno ammanettando". Solo alcune ore dopo, al cellulare di Matteo Dell'Aira - responsabile medico del centro, uno dei fermati - risponde un uomo che si qualifica come soldato britannico del contingente Isaf, che tranquillizza sulle condizioni dei tre italiani trascinati via dall'ospedale ma rifiuta di fornire le proprie generalità. Poi un pesante silenzio. Come spiega Cecilia Strada, Emergency ha appreso le accuse che vengono mosse ai tre elementi di Emergency, portati via assieme ad alcuni lavoratori afgani, da un lancio di agenzia e ne ha avuto conferma dall'ambasciata italiana nel Paese asiatico. Nessuna comunicazione ufficiale da parte del governo afgano, nessun risconto dalle forze armate del contingente internazionale della Nato.
L'accusa è enorme, "al punto da trasformarsi in farsa", commenta Cecilia Strada. Matteo Dell'Aira, 41 anni, dal 2000 in giro per il mondo con Emergency, responsabile medico dell'ospedale, Marco Garatti, 49 anni, coordinatore del progetto in Afghanistan, dal 1999 con Emergency, e Matteo Pagani, 28 anni, responsabile logistico dell'ospedale, sono stati portati via. A quanto si legge dagli organi di stampa, i servizi segreti afgani li accusano di essere coinvolti nel progetto di attentare alla vita del governatore della provincia di Helmand nel corso di una sua futura visita all'ospedale, un centro chirurgico che funziona dal 2004 e che ha curato oltre 66mila persone. L'ambasciatore italiano a Kabul ha potuto vedere solo oggi i connazionali fermati. Sembrano essere in buona salute, ma sono naturalmente molto scossi.
"Questo è un attacco all'ospedale, sono allibito", dice il dottor Strada. "Un atto di guerra preventiva, magari in previsione di una nuova offensiva militare nel territorio, nel quale siamo rimasti gli unici, scomodi, testimoni". Non ci sono altri ospedali in Helmand, non ci sono giornalisti. All'interno della struttura, secondo l'intelligence di Kabul, sarebbero stati trovati armi ed esplosivi. "La perquisizione è avvenuta in assenza di nostri rappresentati", chiarisce Strada, "ma non si può escludere che qualcuno abbia portato all'interno dell'ospedale quel materiale. Quello che è grave è che tre persone che, nello spirito di Emergency, lavorano a salvare migliaia di vite da anni siano coinvolte in tutto questo".
L'Isaf, in un primo momento, ha smentito di aver preso parte all'azione. Un video diffuso dall'Associated Press, però, li smentisce, mostrando chiaramente come militari britannici del contingente Nato - che hanno il comando operativo nella regione dell'Helmand - abbiano circondato l'edificio e preso parte alla perquisizione dei locali, costringendo il personale a identificarsi. La situazione è complessa e, come racconta il dottor Strada, ''l'ospedale non ha in questo momento la possibilità di svolgere la sua funzione, in quanto occupato da militari". Rispetto alle prossime ore Emergency si augura una soluzione rapida della crisi, ma come risponde lo stesso Strada alla domanda di una giornalista, "per il futuro del progetto non ci sono certezze. La priorità in questo momento è la sicurezza dei nostri in carcere e degli altri (5 italiani e un indiano) del personale internazionale e locale che si trovano a Lashkargah. Tutto il resto si valuterà dopo".
In attesa che, come prevede il sistema giudiziario afgano implementato dai consulenti italiani, venga formalizzato un atto d'accusa e venga permesso ai tre italiani e ai sei afgani prelevati dall'ospedale di difendersi. "La situazione ricorda quella del 2007", conclude Strada, "quando il rapimento del giornalista italiano Daniele Mastrogiacomo segnò l'inizio di un escalation nei confronti del nostro lavoro in Helmand. Un lavoro fatto solo di cure mediche, per chiunque, perché una vita umana è una vita umana. Chiunque nei nostri ospedali in Afghanistan e nel mondo riceve cure mediche se ne ha bisogno. Il resto non conta. Proprio per questo principio sempre rispettato, Emergency rappresenta un volto amato dell'Italia nel Paese. Mi aspetto che i cittadini italiani facciano sentire la loro voce e che il governo italiano, come sta già facendo, continui ad adoperarsi per la soluzione del caso".

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