martedì 4 maggio 2010
ITALIA: La scheda riassuntiva di Reporters sans frontières
09:55 | Pubblicato da
Lucia |
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ITALIA: La scheda riassuntiva di Reporters sans frontières
Pubblicato il 3 maggio 2010 da Pasquale
Superficie: 301.340 km quadrati
Popolazione: 59.500.000
Lingua: italiano
Capo dello Stato: Giorgio Napoletano
Capo del Governo: Silvio Berlusconi
I giornalisti in Italia affrontano quotidianamente la peggiore condizione lavorativa di tutta l’Unione Europea. Le principali difficoltà che un reporter deve affrontare in Italia nello svolgimento del suo lavoro si possono divedere in due macro gruppi: il primo di carattere giuridico/legale e il secondo che riguarda la sicurezza personale.
Aspetti legati alle leggi o istituzionali
E’ l’unico paese al mondo nel quale il presidente del Consiglio controlla direttamente la quasi totalità delle reti televisive nazionali: da una parte i tre canali della tv di Stato Rai in quanto primo ministro e dall’altra il più grande gruppo radiotelevsivo privato (tre canali nazionali, oltre a diversi giornali e a un network radiofonico).
La politica continua ad avere, per legge, una forte ingerenza nelle nomine delle tv e delle radio di Stato e, in generale, ha sempre più influenza anche sui media che non sono di proprietà statali.
La tv, in generale, rimane la principale fonte di informazione per oltre l’80% della popolazione e, in molti casi, è addirittura l’unica fonte. In questo scenario la tv attira altissime percentuali delle risorse pubblicitarie, cosa permessa da una legge che porta il nome del ministro Gasparri (che ha fatto parte del governo Berlusconi) che ha di fatto annullato qualsiasi limite di antitrust rispetto alle quote di raccolta.
L’istituto privato Nielsen, inoltre, ha certificato come nei primi mesi del 2009, quando si è riflettuta la crisi anche sul mondo dei media, sia aumentato l’esodo di inserzionisti pubblicitari verso i canali tv nazionali, soprattutto verso quelli di proprietà della famiglia Berlusconi. Tutto questo limita le risorse per la maggior parte dei giornali e delle radio italiane, indebolendone l’autonomia e impoverendone la qualità.
Per i giornalisti, inoltre, è molto difficile investigare sul mondo della politica e dell’economia. Molto spesso le istituzioni o i principali gruppi economici del paese si rifiutano di fornire informazioni ai giornalisti, facendosi scudo del diritto di privacy sancito dalla legge italiana, in realtà abusandone e non rispettandone le norme.
Rimane, poi, anche il problema dell’accesso alla professione giornalistica, possibile solo attraverso un esame di stato e con l’obbligo di iscrizione a un ordine professionale, e la presenza nel corpo delle leggi dello Stato italiano di misure molto pesati per i giornalisti in caso di diffamazione, come il carcere e forti multe.
Il problema della nuova legge sulla pubblicazione degli atti giudiziari
Al parlamento, inoltre, è in discussione una legge (il cui iter legislativo è quasi concluso) che prevede la non pubblicazione di molti atti giudiziari, in particolare delle intercettazioni disposte dalla magistratura (sulle quali il governo ha comunque intenzione di porre un limite).
Oggi la legge italiana prevede che tutti gli atti d’indagine, compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, siano coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
Il nuovo disegno di legge, invece, vieta di pubblicare qualsiasi atto (comprese e intercettazioni), anche per riassunto (oggi invece è consentito), fino alla chiusura indagini. Il divieto di pubblicazione è esteso a tutta la attività degli inquirenti, quindi anche ad arresti, sequestri o perquisizioni, dei quali non si potrà più dare notizia. E’ vietata sempre, invece, la pubblicazione di atti o di conversazioni o flussi di comunicazioni di cui sia stata ordinata la distruzione.
Se questa legge passasse i giornalisti, di fatto, non potrebbero più scrivere nulla circa i reati e le indagini della magistratura fino a chiusura delle indagini (da sei mesi a oltre un anno).
Chi viola il segreto rischia il carcere fino a sei mesi, oltre a pesanti sanzioni. Come pena accessoria c’è anche la possibile sospensione dall’attività giornalistica per tre mesi. Pesanti multe sono previste anche per gli editori.
La sicurezza personale
I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata, soprattutto al Sud (mafia, ‘ndrangheta e camorra), lo fanno a loro rischio e pericolo. Molti di loro, infatti, vengono minacciati. Sono ormai famosi i casi di Roberto Saviano, Lirio Abbate e Rosanna Capacchione che vivono costantemente sotto scorta per essere stati ripetutamente minacciati di morte. Altre decine, però, subiscono minacce e attacchi quotidiani (come l’auto o la porta di casa date alle fiamme). A Ravenna e Ivrea due giornalisti sono stati aggrediti fisicamente dai protagonisti dei loro articoli (il primo dall’imputato di un processo e il secondo per aver criticato alcuni lavori pubblici nel centro storico di un paese).
Un nuovo fenomeno, infine, è quello delle minacce a giornalisti che si occupano di calcio da parte di gruppi ultra di alcune tifoserie, il più delle volte espresse con cori o con striscioni.
Popolazione: 59.500.000
Lingua: italiano
Capo dello Stato: Giorgio Napoletano
Capo del Governo: Silvio Berlusconi
I giornalisti in Italia affrontano quotidianamente la peggiore condizione lavorativa di tutta l’Unione Europea. Le principali difficoltà che un reporter deve affrontare in Italia nello svolgimento del suo lavoro si possono divedere in due macro gruppi: il primo di carattere giuridico/legale e il secondo che riguarda la sicurezza personale.
Aspetti legati alle leggi o istituzionali
E’ l’unico paese al mondo nel quale il presidente del Consiglio controlla direttamente la quasi totalità delle reti televisive nazionali: da una parte i tre canali della tv di Stato Rai in quanto primo ministro e dall’altra il più grande gruppo radiotelevsivo privato (tre canali nazionali, oltre a diversi giornali e a un network radiofonico).
La politica continua ad avere, per legge, una forte ingerenza nelle nomine delle tv e delle radio di Stato e, in generale, ha sempre più influenza anche sui media che non sono di proprietà statali.
La tv, in generale, rimane la principale fonte di informazione per oltre l’80% della popolazione e, in molti casi, è addirittura l’unica fonte. In questo scenario la tv attira altissime percentuali delle risorse pubblicitarie, cosa permessa da una legge che porta il nome del ministro Gasparri (che ha fatto parte del governo Berlusconi) che ha di fatto annullato qualsiasi limite di antitrust rispetto alle quote di raccolta.
L’istituto privato Nielsen, inoltre, ha certificato come nei primi mesi del 2009, quando si è riflettuta la crisi anche sul mondo dei media, sia aumentato l’esodo di inserzionisti pubblicitari verso i canali tv nazionali, soprattutto verso quelli di proprietà della famiglia Berlusconi. Tutto questo limita le risorse per la maggior parte dei giornali e delle radio italiane, indebolendone l’autonomia e impoverendone la qualità.
Per i giornalisti, inoltre, è molto difficile investigare sul mondo della politica e dell’economia. Molto spesso le istituzioni o i principali gruppi economici del paese si rifiutano di fornire informazioni ai giornalisti, facendosi scudo del diritto di privacy sancito dalla legge italiana, in realtà abusandone e non rispettandone le norme.
Rimane, poi, anche il problema dell’accesso alla professione giornalistica, possibile solo attraverso un esame di stato e con l’obbligo di iscrizione a un ordine professionale, e la presenza nel corpo delle leggi dello Stato italiano di misure molto pesati per i giornalisti in caso di diffamazione, come il carcere e forti multe.
Il problema della nuova legge sulla pubblicazione degli atti giudiziari
Al parlamento, inoltre, è in discussione una legge (il cui iter legislativo è quasi concluso) che prevede la non pubblicazione di molti atti giudiziari, in particolare delle intercettazioni disposte dalla magistratura (sulle quali il governo ha comunque intenzione di porre un limite).
Oggi la legge italiana prevede che tutti gli atti d’indagine, compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, siano coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
Il nuovo disegno di legge, invece, vieta di pubblicare qualsiasi atto (comprese e intercettazioni), anche per riassunto (oggi invece è consentito), fino alla chiusura indagini. Il divieto di pubblicazione è esteso a tutta la attività degli inquirenti, quindi anche ad arresti, sequestri o perquisizioni, dei quali non si potrà più dare notizia. E’ vietata sempre, invece, la pubblicazione di atti o di conversazioni o flussi di comunicazioni di cui sia stata ordinata la distruzione.
Se questa legge passasse i giornalisti, di fatto, non potrebbero più scrivere nulla circa i reati e le indagini della magistratura fino a chiusura delle indagini (da sei mesi a oltre un anno).
Chi viola il segreto rischia il carcere fino a sei mesi, oltre a pesanti sanzioni. Come pena accessoria c’è anche la possibile sospensione dall’attività giornalistica per tre mesi. Pesanti multe sono previste anche per gli editori.
La sicurezza personale
I giornalisti che indagano sulla criminalità organizzata, soprattutto al Sud (mafia, ‘ndrangheta e camorra), lo fanno a loro rischio e pericolo. Molti di loro, infatti, vengono minacciati. Sono ormai famosi i casi di Roberto Saviano, Lirio Abbate e Rosanna Capacchione che vivono costantemente sotto scorta per essere stati ripetutamente minacciati di morte. Altre decine, però, subiscono minacce e attacchi quotidiani (come l’auto o la porta di casa date alle fiamme). A Ravenna e Ivrea due giornalisti sono stati aggrediti fisicamente dai protagonisti dei loro articoli (il primo dall’imputato di un processo e il secondo per aver criticato alcuni lavori pubblici nel centro storico di un paese).
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